I traumi a livello del piede sono degli eventi molto frequenti, soprattutto come conseguenza di incidenti stradali, sportivi o infortuni sul lavoro, ma si possono verificare con una certa frequenza anche nell'ambiente domestico.
L'evento traumatico può essere molto variabile e molto variabili possono esserne le conseguenze: si va dalle piccole fratture innocenti a quelle che interessano una o più ossa del piede, spesso con decorso articolare, con una alterazione dell'anatomia e della funzione dello stesso.
Questi episodi possono esitare, con una certa frequenza, in un piede doloroso cronico e i motivi possono essere:
- una frattura non diagnosticata e quindi non trattata
- una frattura diagnosticata e trattata scorrettamente
- una frattura grave diagnosticata e trattata correttamente ma che ha causato delle lesioni irreversibili
- un politrauma in cui il trattamento di altre lesioni ha avuto priorità sulla/e frattura del piede
Le fratture dell'astragalo, del calcagno e delle ossa del tarso (scafoide, cuboide e cuneiformi) sono quelle che, con grande frequenza, guariscono con esiti invalidanti.
Fra gli esiti più frequenti di questi episodi traumatici ci sono i danni artrosici delle articolazioni sotto-astragalica (o astragalo-calcaneare), dell'articolazione astragalo-scafoidea e di una o più articolazioni della Lisfranc (filiera articolare fra le ossa del tarso e ossa metatarsali).
Questi danni si possono manifestare precocemente ed essere facilmente diagnosticabili con una semplice radiografia, ma spesso sono di lenta comparsa e, solo una attenta valutazione clinica ed anamnestica e uno studio accurato con una TAC, possono permettere di fare una diagnosi corretta.
Quando intervenire
Passato un ragionevole tempo dall'evento traumatico e dal suo trattamento e dopo avere effettuato un corretto percorso riabilitativo, la persistenza del dolore nell'uso del piede, una alterazione del suo appoggio al terreno, la presenza di rigidità articolari (ben evidenti rispetto al piede controlaterale sano) e l'edema, sono segnali di un danno cronico residuo.
In presenza di un danno artrosico, il dolore si presenta generalmente molto forte in fase di messa in moto, per poi attenuarsi e peggiorare con l'uso e l'affaticamento.
In caso di artrosi della sotto-astragalica, il dolore viene percepito nella parte postero laterale del piede, è maggiore in caso di cammino su terreni sconnessi e non pianeggianti, si percepisce spesso un diverso appoggio del tallone e una rigidità del retro-piede rispetto al controlaterale.
In presenza di artrosi della medio-tarsica, il dolore ha le stesse caratteristiche, ma è percepito nella parte mediale, nella zona dell'arco plantare e vicino alla caviglia; l'appoggio completo del piede è doloroso e la tendenza è quella di difenderlo, portando l'appoggio sulla parte laterale del piede.
In questi casi l'approccio corretto è eseguire una radiografia dei piedi in carico (ortostatismo) e una TAC del retro e meso piede e consultare lo specialista.
Quale trattamento
Il trattamento di elezione in presenza di una danno artrosico della sotto-astragalica e della medio-tarsica è quello chirurgico.
Quando una di queste articolazioni ha subito un danno artrosico irreversibile, oltre a causare dolore, perde la sua funzione (movimento articolare).
L'intervento chirurgico che viene proposto è quello di artrodesi, intendendo con questo termine una fusione completa dell'articolazione danneggiata.
Questo intervento non sacrifica in realtà il movimento dell'articolazione, che risulta già assente per il danno artrosico, ma risolve in modo definitivo il problema del dolore, inoltre, può avere un effetto modellante sulla stessa, correggendo quelle deviazioni acquisite e quindi, complessivamente, l'appoggio del piede.
Artrodesi sotto-astragalica, astragalo-scafoidea e mediotarsica: programma terapeutico
Senza parlare dell'aspetto prettamente tecnico di questi interventi, si possono elencare alcuni principi di base comuni:
- l'intervento richiede un ricovero di una sola giornata
- l'intervento viene effettuato generalmente con una anestesia del solo arto da operare
- l'intervento non è doloroso
- è necessario l'inserimento di un mezzo di sintesi fra le due ossa da bloccare, generalmente delle viti in
titanio che non richiedono una successiva rimozione
- in alcuni casi può essere necessario un innesto di osso
- l'intervento è seguito da una immobilizzazione con uno stivaletto gessato o in resina per circa 45 giorni
(che viene rinnovato dopo 3 settimane contemporaneamente alla rimozione dei punti di sutura)
- durante la convalescenza è possibile muoversi, camminando con due stampelle e appoggiando il piede a
terra, inizialmente senza carico e, nell'ultima fase, con un carico di circa 15 kg
- il periodo riabilitativo consiste in una ripresa graduale del carico abbandonando le stampelle, rieducazione
del cammino e rinforzo muscolare (piscina, cyclette
), non richiede generalmente l'assistenza di un
fisioterapista che, comunque, può essere di aiuto
L'uso del gel piastrinico (fattori di crescita- PRP)
La complicanza più frequente di questi interventi, riportata in letteratura con percentuali molto variabili, è rappresentata dal ritardo di consolidazione o mancanza di consolidazione dell'artrodesi.
L'incidenza di questo evento negativo dipende, oltre che da alcuni fattori legati alle condizioni del paziente (arteriopatie, diabete, qualità o difetti dell'osso) anche dalle sue abitudini e gestione del piede operato (tabagismo, non rispetto delle indicazioni di scarico del piede), ma soprattutto, dalla esperienza del chirurgo e dalla corretta esecuzione dell'intervento.
L'uso del gel piastrinico autologo, inserito nell'area di artrodesi, è sicuramente una procedura che riduce i tempi di guarigione e aumenta le garanzie di guarigione.
L'uso di questa procedura è oggi possibile solamente negli interventi effettuati in regime privato.
Dott. Alessandro Farnetti